Acmella: la nostra ricerca “genica”

Recentissima la nostra pubblicazione di una ricerca innovativa sull’ Acmella oleacea promossa  dal CERFIT in collaborazione con l’ Università di Firenze.

Ed è quindi una grande opportunità per tutti rivolgere alcune domande specifiche direttamente al primo Autore del lavoro, la Dott.ssa Valentina Maggini, Responsabile dell’attività di ricerca del Phytogenomic Lab del CERFIT, il laboratorio appunto per lo studio e l’applicazione delle tecnologie genomiche alla produzione di sostanze bioattive di origine vegetale.

Ecco l’intervista nella ci racconta la ricerca portata avanti sulla “pianta per il mal di denti”, in collaborazione con la Dott.ssa Patrizia Bogani del Dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze.

Dottoressa Maggini, come nasce l’interesse del CERFIT per questa pianta?

MagginiAcmella oleracea(L.) R.K. Jansen è un’importante pianta medicinale, tradizionalmente utilizzata come pianta del mal di denti per le sue proprietà analgesiche ed antiinfiammatorie, che è stata scoperta per la prima volta in Perù e ora si trova comunemente nelle regioni tropicali e subtropicali di tutto il mondo, specialmente nel nord del Brasile, dove è nota come jambu. La pianta è ricca di metaboliti secondari ed è utilizzata per il trattamento di diversi disturbi viste le sue proprietà antipiretiche, anticonvulsivanti, antidiarroiche, antidiuretiche, antisettiche, antimicotiche, antiprotozoarie e insetticide.

Quali sono i principali composti che concorrono alle proprietà terapeutiche di Acmella?

Queste proprietà sono il risultato del contenuto endogeno di composti bioattivi, come steroli, cumarine, flavonoidi, saponine, terpenoidi, polisaccaridi e, in particolare, alchilammidi. Tra le alchilammidi, lo spilantolo ((E, E, Z) -2,6,8-acido decatrienoico N-isobutilammide), identificato per la prima volta da Gerber nel 1903, è considerato il composto bioattivo più potente ed è stato trovato principalmente nei fiori, nelle foglie e negli steli, ma anche nelle radici di Acmella oleracea. La domanda di mercato per questa pianta sta continuando a crescere in termini sia di quantità di biomassa che di purificazione dei composti bioattivi.

Ci sono metodi per controllare il contenuto finale di composti bioattivi?

Maggini: Oltre ai trattamenti in vivo con biostimolanti, un buon approccio per ottenere un gran numero di piante, in un breve periodo di tempo in condizioni di coltivazione standardizzate selezionate, è l’uso di colture vegetali in vitro. Queste strategie hanno consentito un rapido miglioramento della produzione di materie prime e metaboliti. D’altra parte, l’ingegneria genetica è lo strumento usato più comunemente per generare piante in grado di produrre composti bioattivi a livelli standard. Sebbene la loro importanza in molte specie medicinali sia ben nota, mancano metodi per la trasformazione genetica di Acmella.

Quindi, che tipo di ricerca avete condotto in un laboratorio di Fitogenomica?

Maggini: I recenti sviluppi nelle tecniche di ingegneria metabolica hanno reso possibile l’introduzione di nuove vie biosintetiche nelle colture medicinali e commerciali al fine diaumentarne il valore nutrizionale e di mercato. La trasformazione genetica con Agrobacterium tumefaciens è finora lo strumento più utilizzato e potente per l’introduzione di una serie di geni candidati e regolatori trascrizionali nelle piante medicinali. Pertanto, poiché, a nostra conoscenza, non erano presenti dati in letteratura sulla trasformazione genetica di Acmella spp., abbiamo sviluppato il primo protocollo di trasformazione mediato da A. tumefaciens per l’integrazione e l’espressione di geni di interesse. Come primo approccio abbiamo introdotto nella pianta di Acmella due geni marcatori comunemente usati nella trasformazione delle piante. Vista l’elevata efficienza del metodo, abbiamo successivamente effettuato la trasformazione con un gene noto per influenzare il contenuto in metaboliti secondari. Il lavoro è attualmente in corso ed i risultati saranno pubblicati a breve.

Dottoreressa, ci dia una prova che il vostro metodo ha funzionato!

Maggini: Nelle piante è stato trasmettano anche un gene batterico reportercodificante per l’enzima β-glucuronidasi (GUS). Quando cellule che esprimono il gene GUS sono incubate con una sostanza chiamata X-glucuronide, l’enzima agisce e si produce una colorazione blu: esattamente quella che vedete nella fotografia sotto per le linee di piante ottenute con la trasformazione! Le piante non trasformate (wild type), che non hanno ricevuto il gene per l’enzima, mostrano la tipica colorazione verde.

Grazie Dottoressa! Ovviamente invitiamo, chi non l’abbia ancora fatto, a leggere l’articolo!

Maggini V, Bettini P, Firenzuoli F & Bogani P. An efficient method for the genetic transformation of Acmella oleracea L. (Spilanthes acmella Linn.) with Agrobacterium tumefaciensPlants 2021;10(2):198. doi: 10.3390/plants10020198. PMID: 33494407.

Fabio Firenzuoli

Responsabile CERFIT
Centro di Ricerca e Innovazione in Fitoterapia e Medicina Integrata

AOU Careggi, Università di  Firenze

Fonte: Farmacista33.it

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