Scrivo che è quasi ora di andare a dormire, scrivo mentre sento l’ennesima ambulanza correre a sirene spiegate; di notte non si sente altro. Di giorno, in farmacia, non sentiamo che notizie di chi inizia ad avere sintomatologia da Covid, di chi è stato costretto a far ricoverare un papà, di chi piange un amico che non ce l’ha fatta. Quando arrivo in farmacia, accendo il mio ipod rosa, sorrido ripensando a quando lo scartai per quel compleanno che sembra una vita fa, cerco una playlist di quelle che mi facciano venire in mente quella volta in cui si ballava in spiaggia a piedi nudi senza guardare l’orologio o quella in cui eravamo a festeggiare il quarantesimo di mio fratello o ancora quella volta in cui indossavo le cuffie impermeabili da piscina, sperando che la musica mi facesse soffrire meno l’impatto iniziale con l’acqua fredda.
La bolla in cui noi, operatori sanitari, viviamo, è a dir poco estenuante. Il medico cura e salva vite, a volte senza conoscere nomi e volti; l’infermiere accudisce, aiuta, macina km tra le corsie facendo straordinari. Noi farmacisti, dal canto nostro, ci prendiamo il merito di accogliere quella parte di pazienti confusa, alla ricerca di un cenno di speranza, di una conferma, di un aiuto per trovare sul territorio come fare un tampone o un esame che non c’entri nulla con il Covid, perché tutto il resto che è stato accantonato, purtroppo non si arresta. Qualche settimana fa una giovane donna mi chiese se i controlli mammografici proseguissero in qualche struttura della zona: purtroppo nelle breast unit vicine a noi i servizi di screening sono bloccati fino a data da destinarsi. Vedendola delusa e preoccupata, mi trovai a suggerirle comunque un controllo da una senologa di fiducia in regime privato, ma colsi subito nel suo sguardo che non ci sarebbe andata: mi fece capire che avrebbe aspettato tempi migliori, anche a livello economico, “Sperando che non sia nulla”, mi disse. Che non sia nulla, lo spero anche io, con tutta me stessa.
Nella confusione generale di questa pandemica esperienza, non sono solita dare adito a chiacchiere da bar, anche se al bar a chiacchierare con un’amica ci andrei eccome. Non addito, non so chi avrebbe potuto fare di meglio o fare di peggio; so solo che la situazione attuale è caotica e, a tratti, per la nostra esperienza, paradossale. E’ possibile, mi chiedo, in epoca di pandemia non avere a disposizione per l’intera popolazione che debba o desideri vaccinarsi contro l’influenza stagionale il vaccino che ogni anno, immancabilmente, ci trovavamo a rispedire al mittente nei primi mesi dell’anno successivo perché avevamo alzato troppo le previsioni e avevamo fatto scorta eccessiva? Ebbene sì, di vaccini antinfluenzali vendibili previa ricetta in farmacia non ce n’è l’ombra all’alba di oggi, 24 novembre, data in cui scrivo. Amici che lavorano in grandi multinazionali hanno potuto effettuare il vaccino in azienda, mentre a noi anche quelli ordinabili per conto dei medici di medicina generale scarseggiano, lasciando quindi scoperta una fetta di popolazione a rischio complicanze. Il diritto alla salute viene meno, un caposaldo della nostra costituzione viene meno, una parte della nostra professione viene meno. Soffro di tutta questa indecisione istituzionale, soffro di arrivare in farmacia, aprire una PEC e scoprire l’ennesima circolare che invia a non fare ciò che il giorno precedente era stato consigliato di mettere in atto. E soffro tremendamente di non poter svolgere la mia professione fino in fondo perché sono a corto di medicinali, oltre che di vaccini, per i motivi più disparati: carenza del grossista, carenza della materia prima, carenza dalla azienda, carenza della speranza, cari miei. CI chiedete una mano per svolgere test ed esami; se dovremo, impareremo a farlo, ma prima ancora fatec continuare a fare ciò che amiamo: i farmacisti.
Fonte: Farmacista33.it
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Dottoressa Elisabetta Vicentini
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